Una proposta indecorosa

Dal mezzogiorno del 5 al mezzogiorno del 6 sono di servizio al corpo di guardia antincendi del Lager. La funzione di pompiere è di mio gradimento e mi ricorda i tempi migliori in cui mi occupavo di Bombe Pirofughe. Si tratta di restare per le ore diurne in una cameretta simile a tutte le altre e, per le ore notturne, di stare sveglio, a turno con altri due, per dare l’allarme in caso d’incendio. La ricompensa per tale servizio è la più ambita che si possa immaginare: un rancio doppio domani sera; e per questo vale la pena di stare sveglio per qualche ora durante la notte ad ascoltare pazientemente la voce dello stomaco.

Con la fine del pacco è iniziato un nuovo periodo di fame permanente – ma si tratta di fame allegra, spensierata, alleviata dalla speranza del prossimo arrivo, anche se ogni giorno passa senza che Colombo, addetto all’ufficio pacchi, venga a portarmi in via riservatissima la lieta novella. C’è una sera di tregua il 6 febbraio per via della doppia razione che fa seguito al servizio antincendi, poi sono da capo. Il 7 ingollo del budino insipido che ha scarsi risultati sullo stomaco. Pacchi niente per nessuno. Soltanto Brunello e Bulzacchi hanno ancora i residui degli ultimi arrivi e gli altri invidiano.

In compenso si sa che i russi sono a centocinquanta chilometri da noi e che il comando tedesco attende ordini. Si dice anche che dei campi presso Leopoli siano stati consegnati dai tedeschi in fuga ai polacchi; quindi i prigionieri ivi custoditi avrebbero cambiato padrone. Passano, senza emozioni particolari, alcuni giorni; il 9, alla adunata, ci vien comunicato che, di quelli datisi ivi nota come aspiranti lavoratori, verranno utilizzati soltanto gli specialisti a conoscenza della lingua tedesca. Per gli altri viene offerta l’alternativa di ritirarsi o di rimanere lavoratori manuali nell’industria o nell’agricoltura. È semplicemente indecoroso il fatto di offrire a degli ufficiali funzioni di operaio o di contadino – c’è tuttavia chi aderisce, spinto dalla fame o dalla disperazione, dando così ai tedeschi un motivo in più di diminuire la già scarsa stima che hanno per gli italiani.

Della nostra camerata aderiscono Teston, che spera sempre, quale laureato in agraria, di andare a dirigere un’azienda di 300 ettari, e Ungania. Gli altri, ed io fra loro, si ritirano. Era doveroso ritirarsi, dato il grado, ma l’ho fatto con rimpianto perché la vita nello stalag diventa sempre più esasperante e la prospettiva di cambiarla aiutava a tenere alto il morale. Così mi rassegno nuovamente al solito rancio, alle due adunate quotidiane, ai passatempi di prigioniero. Per far contento lo stomaco cedo un paio di guanti di pelliccia in cambio di pane e patate e così per una settimana ho modo di arrotondare le magre razioni che hanno subite un’altra riduzione. Il rancio di mezzogiorno è ridotto ormai a poche fette di rapa che nuotano in acqua calda color permanganato; quello della sera è sempre più liquido; nell’acqua la farina non “lega” e rimane in sospensione per conto suo; le patate sembran sempre più ricche di buccia e scarse di polpa. Siamo arrivati al punto di apprezzare molto il rancio del lunedì nel quale vengon messe le bucce di patata della domenica, dato che nello “spezzatino” domenicale le patate vengon messe sbucciate.