Incontinenti e Gandhi

Attorno alla questione centrale del rancio ci sono le mille questioncine personali sul modo di consumarlo. E ognuno ha un sistema e ognuno è persuaso che il proprio sistema sia più razionale degli altri. C’è chi fa propositi di ogni specie e poi divora ogni cosa durante la ripartizione, c’è chi conserva tutto per fare un pasto relativamente buono alla sera, c’è chi risparmia ogni giorno un pezzetto di pane per farsi una mangiata alla domenica. C’è chi mette nel brodo le patate quando vengono distribuite alla mano e c’è chi le toglie dal rancio quando son cotte dentro, le sbuccia e le mangia a parte per farsi l’illusione di avere un secondo piatto.
I chimici, i biologi, sono mobilitati per indagare sul potere alimentare delle bucce di patate: contengono vitamine o sono nocive? È vero che a lungo andare fanno venire le ulcere gastriche? I medici non si pronunciano e ognuno le mangia o le rifiuta convinto di essere più furbo degli altri.
Ci sono poi i gravi dilemmi di chi riesce ad ottenere una pagnotta a mezzo del mercato nero. Pare che tutta l’umanità si divida in due categorie: gli “incontinenti” che divorano la pagnotta in un momento dicendo che dopo una scorpacciata si sta bene per una settimana e i “Gandhi” che la ripartiscono in dieci o più pezzi da consumarsi uno al giorno, persuasi di ottenere il massimo rendimento in questo modo.
Poi ci sono i vari modi di mangiare il pane: io lo faccio sparire a grossi bocconi che mi ingozzano; Bulzacchi lo taglia a fettine trasparenti, che poi distende su un piatto in bell’ordine, e se ne compiace, lo ammira, dice che fa un’ottima riuscita. E, nonostante che le nostre razioni siano identiche al grammo, ognuno di noi è convinto di essere più sazio dell’altro.
I ragionamenti dello stomaco non termineranno mai. Anche l’arrivo dei pacchi non servirà che di spunto per nuove teorie sul modo di consumarli. Cesserà per qualche giorno la fame ma resterà il problema di nutrirsi l’indomani e la voce dello stomaco avrà sempre il sopravvento a Deblin perché la fame – e chi non l’ha provata non se lo può immaginare – è il più forte coefficiente in ogni atto degli uomini.