La bolgia infernale

16 aprile – mi sveglio la mattina con sul corpo le tracce di varie morsicature. Passo in rivista maglia e pigiama senza trovar tracce di pidocchi, che già infieriscono nel campo, quindi penso al materasso proveniente da Hyères ed alla possibilità che abbia portato con sé qualche cimice. Mi metto al sole, smonto il materasso, lo passo in attento esame e metto la fodera a bagno nella svola. Passo il resto della giornata a sbadigliare, tormentato dallo stomaco vuoto. Il primo rancio, sbrodaglia di ceci e patate, dà una mezzora di requie allo stomaco e la razione di pane, consumata alle sei di sera, un’ora. Mi corico più affamato che mai dopo aver inghiottito le quattro razioni di zucchero che finalmente ci son state date alla mano.

17 aprile – Manni e Portalupi, beati loro, ricevono un pacco. Io sto abituandomi alla fame. Nel pomeriggio vien ordine di ravvicinare i nostri castelli per far posto ad altri. Infatti, fra la baraonda generale, vien introdotta in camerata un’altra dozzina di castelli. La conseguenza è che siamo in dodici nello spazio di dodici metri quadri: un metro a testa. La bolgia infernale nella camerata è indescrivibile e non si può sfuggirla perché fuori piove e fa freddo. Rannicchiato sul letto tento inutilmente di leggere Lin Yutang – ma giunto in fondo alla pagina devo continuamente tornar da capo perché non riesco ad afferrare il senso di quel che leggo. Il tempo passa lento lento lento.

18 aprile – A stretto contatto di gomito cominciamo a riprendere la vita normale. Il mio vicino di sinistra è un meridionale dall’aspetto piuttosto sudicio e guardo con terrore le sue coperte dilagare lerce e sbrindellate, sul mio letto. Manni, beato lui, riceve un altro pacco, e cede a me e a Brunello il suo rancio di verdura; quindi il nostro pasto serale è più completo. Si gioca a bridge, per passare le ore della sera, rannicchiati sul castello – ma la posizione è tanto scomoda che il gioco diventa una tortura e non può continuare a lungo. È annunciato l’arrivo di altri pacchi e questo riapre il cuore alle speranze.