Hanno inizio le rappresaglie

S. Luigi 1944 – Ho fatti ampi progetti per passare quanto meglio possibile la giornata: inizio di una scatola di marmellata appositamente tenuta in serba, cucinatura di risotto alla milanese ecc. ecc. Succede invece questo: all’adunata ci vien comunicato che sono richiesti cento lavoratori tessili e il capitano tedesco sceglie i più giovani della terza baracca. Questi però si rifiutano di firmare il contratto e vengono rimandati nei ranghi. Un allarme segue il “rompete le righe” e mi impedisce di dar corso in modo scientifico all’esecuzione del risotto. Vengono poi dei propagandisti che ritentano senza risultato di indurre al lavoro quelli della terza e quarta baracca. Il capitano tedesco minaccia rappresaglie e la mattinata termina in atmosfera minacciosa.

Do corso alla consumazione del risotto e della marmellata poi mi addormento tranquillamente. Vengo presto svegliato da un insolito movimento in camerata: è giunto l’ordine di sgombrare la sesta baracca e quindi dobbiamo traslocare con i nostri averi e sistemarci nei posti rimasti liberi nelle altre. Portiamo i nostri castelli alla quarta e ci sistemiamo pigiatissimi accanto a degli amici di Manni. Portalupi è sotto di me, Manni dietro le mie spalle, Bragante e Panin sono a pochi metri di distanza. Colombo, come postale, è mandato alla seconda ove ha spazio in abbondanza e persino un tavolo a disposizione. Il mio nuovo posto è buio e inospitale. Non ho la possibilità di attaccare la mia roba da nessuna parte; devo rinunciare alla sistemazione di mensole e ripostigli che mi permetteva di tenere la mia roba in ordine. Termino la giornata stanco e avvilito; nella testa mi turbinano i più neri pensieri e mi par di non aver più corpo, di essere completamente ridotto a spirito sofferente. Anche il bollettino non riesce ad alzarmi il morale. I miei nuovi vicini sono simpatici e allegri.

Il 22 hanno inizio le rappresaglie: vien dato il divieto di accendere le cucine e pare che venga sospesa l’attività della baracca cultura. Termina così la possibilità di cucinare i nostri cibi e di passare il tempo con qualche conferenza o lezione. Nei giorni successivi continua il sistema iniziato – ma risultati non se ne vedono perché nessuno opta per il lavoro. La cucina vien fatta funzionare per qualche ora al giorno a partire dal 26 – ma è tale la ressa attorno che ben difficilmente si riesce a conquistare un posto.

Il 26 ritiro un pacco che mi risolve il problema alimentare fino al 10 luglio col solito sistema del razionamento. Nello stesso giorno subiamo una rigorosa perquisizione da parte della polizia ma a me nulla vien tolto e, salvo il disturbo di rimetter tutto a posto, non ho altri guai. La polizia non ci lascia in pace neppure di notte: ogni tanto arrivano due sottufficiali muniti di lampada e rovistano nel posto di qualche internato il quale viene lasciato poi al buio con tutte le sue cose sparse sul letto. Bisogna però riconoscere che la polizia toglie esclusivamente le cose proibite. Poi ci sono riviste varie, condotte da soldati che devono accertarsi sul numero di coperte o di tavolette o di altro possedute dai singoli – e queste generalmente sono mano discrete.