Disciplina tedesca

La disciplina, nel Lager, è sempre più feroce – tutto deve esser fatto con stile tedesco, inquadrati e al passo. Così si va a prendere il rancio, a ritirare i pacchi, a sentire una conferenza o una lectura Dantis nella Sala Convegno, ed il fatto di mettersi in fila allineati e coperti, con i baveri abbassati e le mani fuori di tasca, è così scocciante che si finisce a passare tutta la giornata sul proprio letto rinunciando a muoversi ogni qual volta sia possibile farne a meno. Conservando perennemente la posizione parallela alle acque stagnanti, ci si indebolisce e le reni si indolenziscono; allora, siccome in tutto il lager non esiste uno sgabello su cui sedersi o una tavola sulla quale appoggiarsi a scrivere, costruisco sul mio letto una specie si tavolino da ammalato, un sedile ed un posapiedi che mi consentono di tenere, a due metri da terra, posizione analoga a quella di chi sta seduto a tavola. Così posso mangiare, scrivere e leggere stando comodo e non sdraiato. Il rancio non ha variazioni sostanziali: continua ad essere insufficiente ma spesso consiste in orzo bollito con patate, in miglio, in avena ed in altri cereali mangiabili. Di tanto in tanto ricompare, e l’odore la preavvisa, l’ignobile verdura secca, che vien ceduta da molti per una sigaretta e mangiata da pochi privilegiati in gran quantità. Io faccio dei tentativi ma raramente riesco ad arrivare in fondo. Una sera ci vien data una strana minestra fatta di pallini scuri, duri come piombo da caccia. In attento esame risulta che si tratta di saggina e miglio ancora rivestiti della loro scorza di crusca. Ci si meraviglia come, con tale alimentazione, nessuno si decida a far uova.

Le proteste rivolte ad ottenere un miglioramento, sia pure limitato alla sola confezione del rancio, lasciano il tempo che trovano. Due ufficiali che hanno protestato troppo forte vengono dal maggiore italiano che comanda il campo, denunciati ai tedeschi e da questi deferiti al tribunale militare tedesco. È sempre più evidente che il maggiore non vuole aver grane e che si è messo a curare assai poco i nostri interessi dal momento che lui non condivide il nostro rancio e che ama il quieto vivere. Si addensano sul suo capo le nubi fosche delle più feroci rappresaglie ma ciò non impedisce a quell’ottimo ufficiale superiore effettivo che si è dato in nota come lavoratore manuale a maggior gloria delle armi italiane, di ingrassare a vista d’occhio e di usare, nei riguardi di ufficiali, modi condannabili in un sergente nei riguardi della truppa. E anche questo elemento si aggiunge ai molti altri, che sarebbero evitabili, atti a render ancora più aspra la quotidiana dose di fiele che si deve inghiottire.

Arrivano, a consolar le pene, molti pacchi. È ormai all’ordine del giorno lo spettacolo di stomaci che, abituati al regime ristretto e riempiti di colpo, rigettano nei momenti meno opportuni il loro contenuto; generalmente tali faccende antiperistaltiche sono accompagnate da convulsioni e da svenimenti, così che all’adunata c’è spesso da sorreggere qualcuno che si affloscia. Io continuo con il mio sistema dell’equa ripartizione dei pacchi nel tempo e mi trovo benissimo – solo raramente mi coglie una irresistibile fame imprevista ed allora aggredisco e distruggo una giornata di viveri anzitempo. Il giorno 4 ricevo l’ottavo pacco. Mi tolgono il riso e mi lasciano tre Kg. di farina gialla. È il decimo pacco spedito da casa.