Molti ufficiali scappano

Il giorno 12 ci si autorizza a scrivere una lettera a casa ma ho l’intima persuasione che tale lettera non arriverà mai. Ciononostante scrivo, perché questo mi aiuta a tenere i pensieri fermi su casa mia e mi pare di avere vicina Renata e mi pare di sentire la voce irrequieta di Titti rivolgermi le sue strane domande ingenue e curiose. È dal 29 luglio che non vedo più il suo visetto sorridente e mi pare che da allora sia passato un tempo enorme. Il mio avvilimento in certi momenti raggiunge un punto tale per cui darei tutto il resto della mia vita per un’ora di pace passata in casa nella più schietta serenità.

Durante la permanenza a Chateau Vert fuggono ben 14 ufficiali. Ma sappiamo che essi vanno a finire, non avendo appoggi migliori, in un convento… poi vengono trasferiti in Alta Savoia con i reparti degaullisti colà operanti. Non capisco come possano comportarsi in tal modo. È evidente che la paura di finire in Germania agisce fortemente in loro. Il giorno 14 la radio ci da notizia che l’Italia monarchica a dichiarato guerra alla Germania. Non sappiamo se questo fatto possa trasformarci automaticamente in prigionieri di guerra, ma in fondo in fondo questa soluzione non mi spiacerebbe: avrebbe almeno il merito di chiarire la nostra posizione; io comincio ad avere in antipatia la mia posizione di lavoratore – non la trovo dignitosa e nemmeno comoda. Nello stesso giorno ci vien l’ordine di caricare i bagagli sulle carrette e di rientrare alla caserma di Hyères.

Si rifà la passeggiata, ma questa volta incolonnati per tre con sentinelle ai lati. Si attraversa così la città e, la stessa gente che poco più di un mese prima ci aveva visti baldanzosi ci rivede in ben diverse condizioni. È evidente la loro benevolenza ma è anche evidente la loro commiserazione – e questa mi infastidisce. All’arrivo in caserma avviene la solita baraonda per lo scarico dei bagagli. I soldati tedeschi si devon fare una ben triste opinione di noi. Un caporale incaricato di far l’appello dice che siamo dei bambini e non degli ufficiali. Il merito maggiore anche questa volta è dei meridionali che in materia di impazienza e di litigiosità sono imbattibili.