Un regime di minaccia

Venerdì 9 verso la valigia al magazzino e confido che mi si lasci almeno il sacco, anch’esso non del tutto militare, ma il 10 si dice che i sacchi devono essere versati e che si deve tenere nel proprio posto soltanto l’indispensabile. Intanto, frammentarie ma fondate, giungono le notizie dai fronti – e sono soddisfacenti. Nel complesso si ha la sensazione che fra non molto avverranno i fatti decisivi della guerra e si attende con orgasmo. Inizia così il 5° anno di guerra per l’Italia e per noi il 10° mese di prigionia, in una atmosfera di serenità e di restrizioni, di ansia, di timori, di nervosismo. I giorni trascorrono in un regime di minaccia istaurato allo scopo di indurci al lavoro; il 5 vengon estratti dalle righe, durante l’adunata, gli ufficiali dall’aspetto più giovanile e ad essi è data l’alternativa di andare come operai in una fabbrica di seta artificiale oppure di andare a scavare la torba per il fabbisogno del campo. Un centinaio partono, altri trenta, fra cui Manni, preferiscono la torba alla firma del contratto. Quelli della torba vengono impiegati il 17 giugno per andare a coglier scope.

Pure il 17 ricevo una cartolina di mamma del 19 maggio in cui si meraviglia per il mio mancato rientro! Temo che ormai sia tardi per poter nutrire legittimamente simili speranze dato che gli angloamericani risalgono velocemente l’Italia. Così una volta di più devo abbandonare le mie speranze e convincermi che bisognerà attendere fino alla fine – ma non è assicurato che questo sia un male. Circola voce che i tedeschi abbiano impiegato una nuova micidiale arma sulla Manica, tale da costringere gli inglesi a sospendere i rifornimenti delle loro teste di sbarco. Ma dal bollettino del 16, a noi giunto il 18, risulta che tutto consiste in un nuovo tipo di bomba. I bollettini giungono saltuariamente, così che le nostre idee sulle operazioni in corso sono certamente inesatte: assistiamo, spettatori impotenti, al loro svolgersi, e ci rendiamo conto che i dieci mesi di prigionia hanno servito almeno ad aumentarci una virtù: la pazienza. Io sono sempre fedele alla mia teoria della battaglia di Ferrara e dei vasi comunicanti, della quale i compagni di sventura ridono senza tuttavia restare del tutto scettici. Anche i tre centimetri di barba, da poco raggiunti, hanno segnalato un avvenimento.

Di giorno in giorno passano agli ufficiali lavori del campo che prima erano fatti dagli attendenti: il 19 giugno si fa la prima spedizione a scavare torba e vi partecipa Manni, poi, a 20 per giorno, si farà il turno. Il 20 giugno gli ufficiali vengono incaricati della pulizia dei cortili. Squadre di cinque ufficiali eseguiscono lavori di manutenzione. In base al principio secondo il quale chi non lavora non mangia, tutti i lavoratori ricevono doppia sbobba e per gli altri ne rimane sempre meno. Ho ancora l’aiuto dei pacchi, prudentemente razionati fino a tutto il mese e così mi salvo alla meno peggio dalla fame.