Prigionieri dal fronte russo

Il 19 la fame è più forte di qualsiasi considerazione e mi decido a cedere la sterlina per quattro pagnotte, un chilo di lardo e due etti di tabacco. Mi vengon consegnate subito due pagnotte e ne divoro una nel corso di poche ore. Con qualche riserva di viveri anche il morale sale parecchio; dormo la notte e non temo più tanto la prospettiva del lungo viaggio. Tale prospettiva si fa sempre più probabile e più imminente per l’avvicinarsi del fronte. Ci si meraviglia anzi del ritardo nel porla in atto. Il vicino campo di aviazione è molto attivo ed il rumore dei motori non ha un attimo di tregua; alla Cittadella transitano continuamente treni di prigionieri provenienti dal fronte russo; essi ricevono una minestra calda fatta di miglio e avena e proseguono stipati nei carri bestiame. I feriti non hanno trattamento migliore e, evidentemente ne soffrono: di tanto in tanto qualche cadavere ignudo è abbandonato accanto al muro di cinta; i nostri attendenti scavano una fossa e non se ne parla più. Sarà un disperso di più, una famiglia di più che attenderà inutilmente, una sciagura grande ed anonima che si aggiungerà alla lunga serie voluta dalla guerra.

Il 20 ed il 21 giungono altri pacchi ai colleghi ma a me niente. Invio un modulo a Latisana sperando in miglior esito. Il 22 finalmente, Colombo mi annuncia l’arrivo di un pacco proveniente da Como – sia il benvenuto! – ma mi dice che è stato spedito il 24/1; quindi posso considerare perso quello spedito il 3/1, e questa è una disgrazia non indifferente. Attendo con impazienza l’indomani, giorno del probabile ritiro del pacco, anche se sono discretamente fornito di viveri e quindi non sento i feroci stimoli dei giorni scorsi. Circola voce che i lavoratori a conoscenza della lingua tedesca partiranno fra breve. C’è anche chi dice che, volenti o nolenti, passeremo tutti, d’autorità, fra le file dei repubblicani.