Il pacco è un tesoro

Il 14 gennaio Don Vigilio Grandi passa ai repubblicani – niente di male, ma proprio lui che predicava tanto contro di loro! Il Capitano Mastellani, che fu del nostro stesso reggimento e che ora è passato ai repubblicani pone in vendita mezza pagnotta per 600 lire! Suscita un vivo senso di disgusto, la sua speculazione sulla nostra fame e nessuno gli compera la pagnotta. Qualcuno anzi gli dice quel che gli sta bene. Ma il 14 gennaio è ugualmente destinato a passare alla storia come una delle più liete giornate di prigionia: mi si annuncia l’arrivo di un pacco da casa! Vado alla posta armato di un sacco e attendo il mio turno. Vorrei poter avere il mio pacco sano e aprirmelo lentamente e religiosamente, ma la procedura è diversa – soprattutto è meno delicata: davanti allo sportello un tedesco armato di coltelli lacera l’involucro, strappa il coperchio della scatola, mi porge la distinta del contenuto e, dopo aver osservato ogni cosa e aperto ogni involucro, mi porge una scatola di pollo, una scatola di sardine che miracolosamente resta chiusa, una scatola di latte condensato, quattro salamini (ne taglia uno perché non si sa mai!), due pacchetti di biscotti, un vasetto di miele, un pacco di fichi, delle noci, un vasetto di Liebig, una stecca di torrone e sei pacchetti di sigarette. La distinta e l’indirizzo sono scritti da Renata, il timbro è di Milano, la provenienza è Cernobbio. Osservo tutto questo in un attimo, mentre il tedesco si agita per far presto; e nell’accurata confezione vedo tutta l’amorevole cura di Renata, nel contenuto vedo un pezzetto di casa che mi raggiunge e dimentico anche la fame e porto via con me ogni cosa come se si trattasse di un immenso tesoro col suo simbolico contenuto di premuroso affetto, di dolcissima intimità.

La mancanza del pacco, quando tutti l’hanno ricevuto, mette il prigioniero in condizioni di inferiorità. L’arrivo del pacco lo alza di molti gradini sulla scale dei valori che si stabilisce nei campi di concentramento. Quel tale che ha ricevuto quattro pacchi è guardato come un’autorità; quell’altro che ha spedito diciassette moduli, invece di sei, è considerato come uno a cui la sorte stia per riservare i più inauditi colpi di fortuna. L’atto di offrire all’amico un’“Africa” tolta or ora dal pacchetto è paragonabile a un “vieni a passare un mese nella mia villa” dei tempi normali. Ero il più mogio della camerata ed ora divento di colpo il più tronfio. Vorrei che tutto il campo mi vedesse mentre spolpo accuratamente una coscia di pollo tenendola religiosamente con due dita e mentre intingo biscotti croccanti nel tè pomeridiano. Offro ai colleghi torrone e fichi secchi, secondo la buona consuetudine di far partecipi gli altri delle proprie fortune e raziono accuratamente il resto. Per quindici giorni avrò qualcosa di speciale, di casalingo, con cui completare l’alimentazione; conviverò alla cena di casa, sarò sereno, tranquillo, fiducioso. Questo è il significato di un pacco per l’internato.

Il 18 vien diminuita la razione di rancio: al posto di mezzo chilo di patate, per tre giorni alla settimana, verrà dato mezzo etto di pasta. Sarà questione di tirare un buco di più della cinghia. Ma verrà il giorno del ritorno a casa? O i viveri finiranno completamente prima della guerra? Tiriamo avanti e cerchiamo di imitare S. Francesco: “Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto”.

Il 20 gennaio è un’altra giornata da iscrivere nel libro d’oro della prigionia: mi giungono contemporaneamente quattro lettere – tre di Renata e una della mamma. Le notizie sono buone e, dopo cinque mesi di angosciosa preoccupazione tiro un sospirone di sollievo. Ogni cosa mi compare sotto una luce nuova. Il peso della prigionia è dimezzato ed il morale ha avuta una poderosa spinta in su. Ho ora l’animo tranquillo e mi sembrano assurde tutte le mie passate preoccupazioni per la mia famiglia, ma cinque mesi di silenzio sono troppi anche per un ottimista ad oltranza – troppissimi per chi ha già tanti motivi per demoralizzarsi. Dopo pochi giorni ho un’altra cartolina di Renata che conferma l’invio del secondo pacco avvenuto fin dai primi di gennaio. Il primo va esaurendosi, nonostante ogni proposito di parsimoniosa consumazione, con accelerata velocità sotto la spinta dell’appetito inesauribile. Passa, senza avvenimenti degni di nota, l’ultima settimana di gennaio e in essa terminano anche le mie risorse alimentari.