Natale e Capodanno ’43

Uguale a tutti gli altri giorni passa il Natale di prigionia – e speriamo rimanga primo ed ultimo. Il primo rancio comprende, oltre alla solita minestra, tutta la razione di carne settimanale; alla sera c’è un ottimo minestrone. Ci viene data anche, a pagamento beninteso, un bottiglia di sidro ogni cinque. Così finisce, un giorno dopo l’altro, il nefasto 1943, e finiscono con lui tutte le previsioni degli ottimisti secondo i quali entro l’anno saremmo stati alle nostre case.

Un’alba splendida di colori e di luci nel livido cielo nordico pone inizio al 1944. Rimango incantato di fronte all’insolito spettacolo che presto termina, al di là degli alberi scheletriti e penso alla saggezza di Sin Yutang ed al suo vano invito agli uomini di occuparsi di più dei tanti spettacoli di bellezza che ci offre la natura e meno degli odii e delle bassezze quotidiane.

Ognuno di noi augura agli altri ed a se stesso che presto si avveri quanto tutti attendiamo nell’ansia più viva. Dell’Orto mi vede in cortile e mi abbraccia. Si vede in lui una gran voglia di piangere: è forse, fra noi, quello che più soffre della prigionia; ha uno stomaco insaziabile e non ha nulla da cedere in cambio di pane; non ha notizie della vecchia mamma ammalata ed è di temperamento chiuso; tanto che difficilmente si ha l’occasione di dirgli una parola di conforto. È profondamente buono, Dell’Orto, anche se i suoi modi sono spesso quelli di un presuntuoso e tutti gli vogliono bene anche se lo prendono in giro per l’enfasi che mette nelle sue descrizioni dei “magnifici, fantastici” pacchi giunti a tal o talaltro collega della sua camerata.

Passa il capodanno come tutti gli altri giorni, ma interrotto da una nuova visita dell’inviato dal Governo Repubblicano a caccia di adesioni. A parte ogni considerazione di carattere morale e politico è ben chiaro nella mia mente che in guerra, volontariamente, non ci andrò mai. Qui poi il passaggio a quella categoria assume un particolare aspetto di opportunismo che disgusta. Son troppi quelli che aderiscono soltanto per avere le razioni abbondanti che vengon passate ai repubblicani o per metter in salvo valori che son riusciti a tenersi al seguito. Circola la voce che ai non aderenti sarà riservato un trattamento analogo a quello che fu fatto tempo addietro agli ebrei polacchi. Ma ciò non toglie che passando di là dovrei rinunciare ad una parte troppo grande di me stesso. E tiro innanzi. Coloro che si lasciano accalappiare dai discorsi pieni di retorica che tanto danno hanno fatto fino al 25 luglio diventano sempre più rari.