Internati, non prigionieri!

Il 13 riceviamo la notizia ufficiale più umoristica della nostra vita: noi non siamo prigionieri, ma soldati del Duce internati. Lo spirito della cosa sta nel fatto che la Croce Rossa è dispensata da ogni intervento nei nostri riguardi. Questo per chi sperava ancora nei famosi pacchi a base di cioccolata e biscotti. Per noi il guaio è relativo, ma coloro che hanno la famiglia in territorio occupato dagli inglesi possono perdere la speranza di ricever notizie o aiuti. E hanno ben ragione, i meridionali, di essere avviliti.

L’arrivo di posta dall’Italia si fa più frequente. Sono arrivati anche dei pacchi da Belluno. Secondo altri invece giunge notizia che da altre località è proibita la spedizione. Possibile che tutte le persecuzioni si accentrino su di noi? Non si rendono conto i tedeschi che andando contro ad un diritto così sacrosanto di un uomo, come quello di aver notizie della propria famiglia, non ottengono altro che aumentare il numero di chi li odia? Mi si racconta che in un campo vicino dei prigionieri francesi hanno sporto reclamo alla Croce Rossa perché le baracche in cui erano sistemati fossero dichiarate inabitabili. La Croce Rossa infatti ha invitato i tedeschi a sistemarli altrove. Al loro posto sono stati messi degli ufficiali italiani.

Il 18 dicembre giunge la prima lettera in camerata – è Ronda il fortunato che viene tranquillizzato circa la sua famiglia. Io, che dal 31 agosto non ne so più niente, sono sempre più preoccupato. Speriamo che il Natale mi porti qualcosa.

Il 19 si dice che il termometro sia a –15° ma non ci credo. Fa semplicemente freddo come a Milano nelle giornate rigide di gennaio. In più c’è un vento gelido che a tratti soffia dal nord e rende poco piacevoli le adunate in cortile. Gli internati si imbacuccano nei modi più impensati, si vedono calze e mutande attorno al collo. Io trasformo un costume da bagno in passamontagna.